“….e a cercare diligentemente di vivere in pace, di occuparvi delle vostre cose e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato,….” 1 Tess. 4.11
Non è rilevante pensare che, lo stesso uomo che ha descritto la resurrezione e l’ascensione di Cristo in termini così gloriosi, sia la medesima persona a scrivere il verso appena citato? La stessa persona che dichiara la nostra posizione celeste “seduti con Cristo”, istruisce la comunità nelle cose più pratiche della vita ponendole come fondamento principale per la chiesa.
C’è qualcosa di cruciale nella realtà quotidiana della vita ed è come ci relazioniamo con essa che determina anche il grado di autorità che avremo con Cristo nell’era avvenire.
Nella chiesa vige una sottile forma di Gnosticismo che tende a valorizzare solo quello che è “celeste” e a disprezzare tutto ciò che è legato alla nostra vita terrena.
Nonostante è ormai di moda apparire “super-spirituali”, esso non rispecchia il desiderio di Dio di riunire il cielo e la terra (a differenza di quello che molti pensano che il cielo debba sostituire la terra).
Alla fine dei tempi, entrambi, cielo e terra, saranno ri-creati. Dio manifesterà Se stesso completamente nei nuovi cieli e nella nuova terra.
Quando etichettiamo le cose terrene come non-spirituali, confiniamo la nostra fede solo a determinate categorie e funzioni, comparando noi stessi con gli altri e sforzandoci di raggiungere posizioni religiose più elevate dando spazio all’ascetismo.
PAOLO
L’apostolo Paolo, che probabilmente ha ricevuto più rivelazione spirituale di qualsiasi uomo del suo tempo, ha sperimentato potenti manifestazioni dello Spirito (risurrezioni, guarigioni e potenti liberazioni), non si rifiutava di lavorare con le sue mani (essendo tappezziere) per portare avanti il suo ministerio, e non riteneva tale compito come qualcosa di superfluo o irrilevante.
Paolo riconosce il pericolo di questo tipo di spiritualità “astratta” e si sente obbligato ad ammonire la chiesa.
Come uomini siamo tutti soggetti al desiderio carnale di essere considerati spirituali dalle persone che ci circondano. I farisei, al tempo di Gesù, cadevano in tale carnalità considerando il vocio umano più importante dell’approvazione Divina. Mettere in mostra la loro spiritualità diventava un’esigenza, data l’ormai mancanza della presenza e della gloria di Dio in mezzo al suo popolo.
Durante il mio percorso di formazione ho incontrato tante persone (specialmente giovani come me) ansiose e a volte depresse perché desiderano un ministerio a tempo pieno e invece si trovano a lavorare nel secolare. Credo fermamente (e questo lo dico prima a me stesso) che Dio ha un piano specifico per ognuno di noi; allo stesso tempo sono anche convinto che bisogna concentrarsi ugualmente su quello che abbiamo davanti anche se ci sembra inutile o domestico e imparare il servizio anche nelle cose più semplici della vita.
VIVERE IN PACE
Non sembra così eroico l’ambizione paolina di “vivere in pace”, probabilmente uno dei più grandi ostacoli alla nostra testimonianza è che siamo troppo spinti al parlare invece che ad ascoltare. Vogliamo che il nostro ministerio sia conosciuto, il nostro nome presente sulle locandine, ecc. Paolo esortava i santi ad essere contenti con poco e li spingeva a permettere al Signore di formare “Cristo in noi” anche nei posti più nascosti dove l’acclamazione pubblica è assente.
Non sembra incredibile il consiglio: “occuparvi delle vostre cose”, ma diventa necessario per una vita che vuole avere un vero fondamento. Se le nostre finanze sono senza controllo, le nostre compagne/fidanzate trascurate, il nostro lavoro scarso e la nostra vita di consacrazione assente … perché ci aspettiamo che un impegno maggiore al servizio di Dio risolva tali situazioni? Dobbiamo occuparci delle nostre cose e permettere al Signore di governare le nostre vite nelle decisioni di tutti i giorni senza rigettare l’istruzione apostolica di Paolo.
Infine, Paolo ci chiama a lavorare “con le nostre mani”, pratica insegnata anche da Gesù. Potremmo dire che il ministerio di Gesù non sarebbe stato così grande se non avesse imparato a confidare nel Padre anche durante gli anni di lavoro presso il padre terreno? Possiamo dire che il suo lavoro da carpentiere era parte della Sua chiamata così come la resurrezione e l’ascensione?
PICCOLE OPERE
Come Cristiani tendiamo sempre ad enfatizzare solo le opere grandi di Gesù (L’indemoniato liberato, la risurrezione di Lazzaro ecc.) dimenticando i suoi 30 anni di sudore e lavoro all’insegna dell’ubbidienza nelle opere minime.
Quando etichettiamo i nostri compiti domestici come “non-spirituali”, apriamo le nostre anime verso la lamentela e la depressione. Se invece ci focalizziamo ad amare Dio e onorarlo anche nel bel mezzo della routine giornaliera, vedremo la gloria di Dio anche quando ci saranno davanti situazioni più grandi e potenti.
Non tutti saremo chiamati a essere apostoli, profeti o pastori ma siamo tutti chiamati ad avere una profonda comunione con Dio nello svolgimento delle nostre vite in umiltà. La ricompensa celeste non sarà secondo il livello di chiamata ricevuta ma in base alla diligenza nel portare a compimento quello che Dio ci ha chiamato a fare, grande o piccolo che sia.
“Gli scopi di Dio servono nella formazione dei suo servi quando si dedicano completamente al lavoro che può sembrare monotono e prevedibile, quando manca l’entusiasmo ma esso richiede una pazienza duratura e un’opera fedele giorno dopo giorno.
…abbiamo bisogno di servire in quello che può sembrare ordinario, non in vista e indistinguibile. Dobbiamo essere fedeli nel minimo e per esserlo abbiamo bisogno della sapienza di Dio”.
(Art Katz, Apostolic Foundations, Burning Bush Press: Bemidji, MN; 2009, p. 16)
Conoscere Dio nel bel mezzo della routine giornaliera richiede una vera maturità spirituale che solo pochi possiedono.
Dio ci benedica.